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Perché mio figlio “o mangia poco o mangia tanto”?

Il compito dello psicologo nel comportamento alimentare va dalla nascita e adolescenza fino all’età adulta: lo psicologo non somministra diete ma lavora in collaborazione con la famiglia del bambino, cioè il provvedere a rifornire l’organismo di elementi adatti a svolgere le normali attività quotidiane, a crescere e a svilupparsi.

Premesso che, come ogni altro, il comportamento alimentare è influenzato da fattori genetici ma soprattutto ambientali, sociali, famigliari, e di personalità.

In questi ultimi anni ci troviamo di fronte a una nuova famiglia: nonni, baby sitter, nidi nelle scuole dell’infanzia piuttosto che genitori.

Infatti “i nonni troppo buoni”, che per il benessere affettivo rischiano di diventare troppo permissivi sia nell’alimentazione che nell’attività sportiva, possiamo dire che non adottano un atteggiamento positivo. I genitori sono riluttanti ad intervenire perché sanno di avere bisogno dei nonni nella cura dei figli.

Lo psicologo può aiutare a far capire ai genitori che significato si deve dare al cibo, quindi occuparsi delle loro motivazioni e dare sostegno. Lo psicologo lavora nell’ambito dell’educazione e non della nutrizione, non sul “cosa mangiare” ma sul “come mangiare”. Quindi: comportamenti sani e consapevoli, come motivare i bambini, gli adolescenti e gli adulti a una alimentazione sana, senza farli sentire in colpa e frustranti anche se non ci riescono.

Tre sono le fasi dell’alimentazione infantile: allattamentosvezzamento e alimentazione solida.

L’allattamento naturale fornisce l’alimento più idoneo per assicurare uno sviluppo e una crescita sana. Quando l’allattamento naturale non è sufficiente si passa all’allattamento artificiale, che assicura ugualmente una normale crescita del neonato, ma senza fornire gli anticorpi ed i micronutrienti presenti nel latte materno.

Lo svezzamento è un periodo di transizione in cui il latte materno o artificiale viene progressivamente sostituito con alimenti semi-solidi e poi solidi, che vanno somministrati gradualmente.

I genitori devono creare una buona relazione con il cibo fin dalla prima infanzia, perché è nei primi tre anni di vita che il bambino instaura le proprie abitudini alimentari ed è quindi importante abituarlo ad una sana alimentazione.

Il compito dello psicologo è di aiutare i genitori a scegliere i cibi adeguati per le diverse fasce di età: inoltre, deve nutrire e dare energia, ma deve essere anche piacevole e stimolare la loro fantasia.

Con l’alimentazione solida il bambino impara a mangiare da solo e decidere anche la quantità e qualità dei cibo. Da questo periodo in poi vi potrebbero essere dei rischi e conseguenze per il bambino che o viene cibato in maniera esagerata (e potrebbero scaturire in seguito delle forme di obesità di sviluppo) o mette in atto forme di restrizione alimentari.

Un nuovo disturbo del comportamento alimentare si chiama Arfid ovvero “Disturbo evitante restrittivo nell’assunzione del cibo”. Si presenta intorno ai 2–3 anni fino alla preadolescenza.

Chi ne soffre di fatto evita il cibo e se ne disinteressa, oppure lo seleziona in modo accurato, mangiando solo pochissime categorie di alimenti, scelti in base al colore, la consistenza e l’odore, questo e un tipo di alimentazione selettiva. I bambini manifestano il proprio disagio oltre che evitando e selezionando il cibo, esprimendo difficoltà emotive e relazionali in famiglie con forti tensioni.

Altro compito importante è il lavoro con “l’adolescente” nel comportamento alimentare.

È una fase molto importante, in cui il corpo gioca il ruolo di grande protagonista. Con trasformazioni a volte anche imbarazzanti, e con l’irrompere della sessualità.

A tutto ciò si aggiungono dei modelli culturali di una bellezza irraggiungibili, che rafforzano un’immagine corporea ideale corrispondente ad un corpo magro e prestante.

Quindi gli adolescenti devono fare i conti con una perfezione diversa dalla normalità. Uscire da questo messaggio a cui gli adolescenti vengono bombardati continuamente dai giornali, pubblicità e televisione è molto difficile.

Negli USA negli anni 1998/1999 nascono dei siti “Its not a diet – it’s a life style” che poi si sono propagati anche in Europa dal 2002-2003. Precisamente sono quelli a favore dell’anoressia, che vengono chiamati pro-Ana e quelli a favore della bulimia, meno diffusi, detti pro-Mia.

In Italia si stimano 300mila siti web tra blog e forum che incitano, più o meno volontariamente, al disagio alimentare per mezzo di pratiche che portano all’anoressia o alla bulimiaQueste pratiche sono considerate un vero “stile di vita”, i blog e i forum pubblicizzano qualcosa di normale che normale non è.

Bisognerebbe mettere in atto dei fattori di protezione dalla famiglia, scuola e comunità e tutto questo anche alla prevenzione svolta dagli psicologi, il consiglio che possiamo dare alla famiglia ed alla scuola è come entrare in relazione con gli adolescenti.

La famiglia deve porre delle basi prima della fase adolescenziale: è fondamentale che dia un esempio in modo che la l’adolescente si possa identificare ed anche imitare., quindi l’importanza anche di una buona qualità delle relazioni. In questo momento di passaggio l’adolescente ha bisogno che i genitori debbano saper stare nell’attualità anche se presenta incertezza, ambivalenza e confusione.

 

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